Diario dallo sciopero della fame - giorno 3


Ho ridotto ormai di un terzo la dieta prescritta. Avverto segni di stanchezza, ma forse è solo suggestione. La spossatezza cronica è connaturata alla SLA, ti portano a fare un giro in carrozzina e ti senti come dopo aver corso una campestre. E’ difficile, dunque, capire se ti senti stanco perché mangi meno o no.
Mio nonno diceva che non si butta mai via niente, era un avanguardista del riciclo e non lo sapeva. Così, memore dei suoi consigli, la pappa color cammello che avanzo va ai cani, che apprezzano il gusto alla vaniglia e ringraziano.
Ho la sensazione che la notizia del nostro digiuno si stia diffondendo, ma con lentezza e a macchia di leopardo, localmente. Noi non abbiamo tempo, per far pressione sul governo bisogna conquistare la prima pagina, bucare lo schermo. Avremmo bisogno di andare in prima serata in un programma con alto indice di ascolto. Mi rendo conto che il mezzo è il messaggio, è il mezzo che fabbrica la notizia. Una notizia che non va in tv è una non-notizia, non esiste.
Ma, come dicevo, non abbiamo tempo: la natura delle nostre infermità è spietata, fra pochi giorni, se non tra poche ore, qualcuno comincerà a star male. Ho riflettuto molto sul mettere al centro i nostri corpi martoriati, rischiare non l’integrità (che è irrimediabilmente vanificata dalla malattia) , ma la vita stessa. E mi son dato una risposta: così come ho scelto a suo tempo di esporre il mio corpo, vincendo la vergogna, per assestare un diretto allo stomaco di chi parla senza sapere, così rischio per affermare che non siamo invisibili, siamo parte della società.
Che finchè uno di noi si lascerà morire per non pesare sui suoi cari, non vi sarà dignità. Pochi sanno che noi che siamo qui siamo i pochi superstiti di un naufragio: otto su dieci malati di SLA quando si tratta di passare attraverso la cruna dell’ago della tracheostomia, rinunciano.
Senza dignità l’uomo si riduce ad oggetto, cosa.
Non abbiamo altri mezzi, non siamo una lobby né un bacino di voti, non ci resta che usare lo strumento più violento per noi stessi e più pacifico per gli altri. Prestateci la vostra voce, aiutateci a non andare oltre.
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