Dal nostro corpo al cuore della politica


(21 nov. 2012)

Oggi è il gran giorno. Mentre noi digiuniamo, Salvatore Usala e un drappello di altri malati si presenteranno in mattinata di fronte al ministero dell’Economia e delle Finanze. Lo faranno senza portare con sé il ventilatore di riserva. Le batterie hanno 4-5 ore di autonomia: se non verranno ricevuti, moriranno.
Molti criticano questa ulteriore estremizzazione delle forme di lotta, ma è responsabilità del governo promettere da sei mesi e poi, con puntualità degna di miglior causa, non mantenere. Salvatore può anche apparire come un estremista, ma è nel solco tracciato da Piergiorgio Welby e Luca Coscioni che del loro «dal mio corpo al cuore della politica» fecero non uno slogan, ma uno stile di vita.
Salvatore ci ha sempre «messo la faccia» e molto altro ancora, come quando nel 2009, nel corso del primo sciopero della fame, lo acciuffarono per i pochi capelli che ha. Venne ricoverato in rianimazione con prognosi riservata.
Eppure, grazie alle battaglie non violente sua e dei malati sardi, oggi non gli manca niente: ha tre assistenti pagati dalla Regione Sardegna: potrebbe starsene tranquillo nella sua casetta di Monserrato, a giocare a sudoku. Invece si sottopone a un lungo e faticosissimo viaggio in traghetto per andare a rischiare la vita davanti al ministero.
Il suo sogno, e quello di noi tutti, è che il modello sardo venga esportato nel resto d’Italia.
Si badi bene, è un modello di risparmio perché favorisce il ritorno a casa, diminuendo i ricoveri in strutture assistite, costose e poco attrezzate alla gestione di pazienti complessi. Dietro le Rsa si muovono interessi enormi, una delle tante facce dell’Italia speculativa e corrotta che non vorremmo più vedere. Una battaglia per i diritti, che significa anche una picconata all’Italia peggiore.

(pubblicato su lastampa.it)
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